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Quel filo granata del 22 giugno…

Chiamatele coincidenze, chiamatele circostanze, chiamatele frutto di eventi casuali. Ma certo non può passare inosservata la curiosità nel collegamento tra alcuni eventi che coinvolgono direttamente o indirettamente la Salernitana e che sono avvenuti il 22 giugno.

Ieri, 22 giugno 2020, come purtroppo sappiamo ci ha lasciato Pierino Prati, che contribuì a far ottenere alla Salernitana la promozione in B nel 1966. E certo fa pensare che la scomparsa di Pierino la Peste sia avvenuta in una data, il 22 giugno, che è di profonda importanza nella storia della Salernitana.

Il 22 giugno 1947, battendo il Palermo per 2-0 all’allora Comunale di via Nizza, la Salernitana del Presidente Domenico Mattioli e del tecnico Gipo Viani, centrava la sua prima storica promozione in Serie A.

Il 22 giugno 1994, la Salernitana del patron Pasquale Casillo e del tecnico Delio Rossi, tornava in Serie B dopo tre anni d’assenza, battendo nettamente la Juve Stabia per 3-0 nella finale playoff del “San Paolo” di Napoli.

Tre “22 giugno” diversi, tre promozioni della Salernitana legate da un invisibile ma persistente filo granata della storia.

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Salernitana in lutto, è scomparso Pierino Prati, eroe della promozione del ’66

Dopo Mariolino Corso, il calcio perde un altro pezzo della sua storia. Ci ha lasciato, all’età di 73 anni, Pierino Prati, per tutti “Pierino la peste”. Questo perché, negli anni Sessanta e Settanta, indossando le maglie di Milan e Roma, è stato uno dei più forti centravanti italiani.

Con i rossoneri ha vinto tutto: 1 scudetto, 2 Coppe Italia, 2 Coppe delle Coppe, 1 Coppa Intercontinentale e, soprattutto, quella Coppa dei Campioni vinta nel 1969 con il Milan, battendo l’Ajax per 4-1 nella finale del Santiago Bernabeu di Madrid. Una finale nella quale Prati siglò una tripletta. Con la Nazionale italiana, Prati collezionò 14 presenze con 7 reti all’attivo, laureandosi Campione d’Europa nel 1968 e vice Campione del Mondo nel 1970.

Dal 1973 al 1977, il passaggio alla Roma poi la Fiorentina e infine il Savona, squadra con la quale ha appeso le scarpette al chiodo nel 1981.

Un lutto che colpisce il calcio intero, ma anche la Salernitana. Sì, perché Pierino Prati ebbe, appena diciannovenne, la sua prima esperienza in una prima squadra proprio in granata.

Correva l’anno 1965 e Prati e Corbellini, due elementi promettenti del vivaio del Milan, vennero ceduti in prestito alla Salernitana del commissario straordinario Michele Gagliardi e allenata da Tom Rosati. 

Sebbene giovanissimo, Prati non subì le pressioni di un campionato durissimo come la Serie C del centro-sud, ma cominciò a segnare a raffica. Pierino segnò subito all’esordio a Lecce con una doppietta, poi bersagliò il Siracusa e il Chieti e il 19 dicembre 1965 fece esplodere il Vestuti con una doppietta nel successo per 3-0 nel derby con la Casertana.

Il 9 gennaio 1966, altro derby, a Torre Annunziata col Savoia. Prati fece in tempo a pareggiare il momentaneo vantaggio dell’oplontino Ferrari, prima di andare in contrasto con un difensore e di frantumarsi tibia e perone. 

Prati dovette così a rinunciare a metà campionato, rientrando in squadra il 15 maggio al Vestuti contro il Savoia, “vendicandosi” siglando la rete del decisivo 2-0. Il prodotto del vivaio milanista mise a referto anche il definitivo punto del 3-0 il 22 maggio contro la Sambenedettese e, sette giorni dopo, riuscì a festeggiare la promozione in Serie B della Salernitana con il pareggio a L’Aquila nell’ormai celeberrima ripetizione della partita.

Purtroppo, il patron Gagliardi non riuscì a riscattare il cartellino di Prati dal Milan (sarebbero bastati 20 milioni di lire) e così l’attaccante passò al Savona, segnando poi alla Salernitana nello scontro diretto sia al Vestuti all’andata che in Liguria. Nel 1968, il definitivo ritorno alla casa madre Milan, dove iniziò la sua splendida carriera. 

Mezzo campionato, 10 reti in 19 presenze, eppure Pierino Prati non è mai uscito dal cuore dei tifosi della Salernitana. Così come la Salernitana non è mai uscita dal cuore di Prati. L’ex attaccante soleva sempre ripetere che, oltre al risultato del Milan, voleva sempre conoscere cosa avevano fatto le altre tre squadre del suo cuore: Roma, Savona e…Salernitana. 

Un amore fatto anche di gesti concreti. Come quella volta quando Prati bruciò, letteralmente parlando, un rotolino di cambiali a firma del Presidente della Salernitana Gagliardi, rinunciando all’incasso di un credito da parte del sodalizio granata che gli era dovuto. E si parlava di qualche milioncino di lire degli anni Sessanta, non certo briciole. 

Ma erano altri tempi, un altro calcio. E, soprattutto, erano altri uomini. Prati lo era con la “U” rigorosamente maiuscola. Ciao Pierino! Salerno non ti dimenticherà mai.

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Salernitana-Pisa, le pagelle secche dei granata

Le pagelle secche dei granata dopo Salernitana-Pisa

Vannucchi 6,5 – Brivido iniziale, ma si riscatta
Aya 5,5 – Soffre nella ripresa
Billong 5 – Non esce su Masucci, lasciandogli campo aperto
Jaroszynski 6 – Il più preciso del terzetto difensivo
Lopez 6,5 – Diligente
Dziczek 5,5 – Solo il lancio per Lombardi nell’occasione del gol, poi sovrastato da De Vitis
dal 78′ Capezzi sv
Akpa Akpro 6,5 – Fa il suo e controlla bene Lisi nel finale di gara
Lombardi 6,5 – Bentornato, speriamo che il ginocchio non dia fastidio
dal 59′ Di Tacchio 5,5 – Non da la svolta al centrocampo
Cerci 6 – Cambiato troppo presto
dal 53′ Maistro 5,5 – Deve ancora carburare
Djuric 6,5 – Predica nel deserto ma segna
Kiyine 5,5 – Era irritante, è tornato irritante
dal 78′ Giannetti sv

All. Ventura 5,5 – Da chiarire perché 4 cambi e non 5 con la squadra sulle gambe. E, soprattutto, perché Billong e non Migliorini

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Salernitana, è un punto guadagnato. 1-1 con il Pisa all’Arechi

Finalmente campionato. Dopo più di tre mesi da Perugia-Salernitana, i granata tornano in campo (seppur senza il pubblico sugli spalti) all’Arechi, sfidando il Pisa per la 29/a giornata di Serie B 2019/2020.

In porta per i granata ci sta Vannucchi, esordiente in B al posto dell’indisponibile Micai. E il suo primo pallone toccato in cadetteria è da “brividi”, dato che al 3′ il pipelet ex Alessandria si scontra con Aya su un cross di Gucher e per poco Marconi non ne approfitta.

Al 22′, Vannucchi si “riscatta” stoppando Siega in uscita. 60 secondi dopo, finalmente si vede la Salernitana. Combinazione Djuric-Lombardi, l’esterno scuola Lazio entra in area ma viene contrastato sul più bello da Varnier.

Al 25′, pausa rinfrescante concessa dall’arbitro Ayroldi ai calciatori e quattro minuti dopo, Salernitana in vantaggio. Lancio di Dziczek che sulla destra premia l’inserimento di Lombardi. Il destro di quest’ultimo frantuma il palo e sul pallone che resta in area si avventa Kiyine. L’ex Chievo conclude, il pallone viene smorzato da Gucher che, involontariamente, serve Djuric. Per il bosniaco è un gioco da ragazzi concludere a botta sicura e trovare così la sua decima rete in campionato.

Preso il gol, è il Pisa a fare la partita proponendosi con una certa insistenza, tant’è vero che la Salernitana deve spendere tre cartellini gialli con Dziczek, Lopez e Akpa Akpro. Al 47′ pt, secondo dei tre minuti di recupero, bravissimo Vannucchi a deviare in angolo un’insidiosa punizione di Gucher. Ultima emozione del primo tempo che vede la Salernitana in vantaggio per 1-0 sul Pisa.

La ripresa inizia con un Pisa arrembante. E al 52′, i toscani trovano la rete del pareggio. Si tratta di uno splendido gol di Masucci, che, viene lasciato libero di calciare dai 20 metri e con un sinistro potente fulmina Vannucchi.

Ventura cambia. Dentro Maistro al posto di Cerci e Di Tacchio per Lombardi e la Salernitana si ridisegna. Al 62′, granata vicini al nuovo vantaggio. Punizione tagliatissima di Kiyine che attraversa l’intera area di rigore prima di sbattere sul palo e sulla testa del portiere del Pisa Gori, con la sfera che termina in calcio d’angolo.

Al 69′, tocca al Pisa sfiorare il gol. Bella azione manovrata dei nerazzurri in tenuta gialla quest’oggi, con Soddimo che chiama De Vitis alla conclusione da fuori area. Palla di poco alta sulla traversa.

La Salernitana allarga le maglie e il Pisa fa la partita. Al 77′, Masucci pesca Vido appena entrato e l’ex Cittadella di testa manda fuori di poco. Tre minuti dopo ancora Vido da lontano e ancora angolino alla destra di Vannucchi sfiorato di un nulla.

In casa Salernitana entrano anche Capezzi e Giannetti in luogo di Dziczek e Kiyine, ma i granata non sembrano più avere le forze per provare iniziative offensive. Fortunatamente, anche il Pisa si accontenta e alla fine l’incontro tra i granata e i toscani termina 1-1. Si tratta di un punto guadagnato.

 

SALERNITANA (3-4-3): Vannucchi; Aya, Billong, Jaroszynski; Lombardi (59′ Di Tacchio), Akpa Akpro, Dziczek, Lopez; Cerci (53′ Maistro), Djuric, Kiyine. A disp. Russo, Migliorini, Curcio, Capezzi, Karo, Galeotafiore, Giannetti. All. Ventura

PISA (4-3-1-2): Gori; Pisano, Caracciolo, Varnier, Birindelli; Gucher, De Vitis, Lisi; Siega (46′ Soddimo); Marconi, Masucci. A disp. Dekic, Perilli, Belli, Pompetti, Pinato, Minesso, Benedetti, Meroni, Vido, Ingrosso, Fabbro. All. D’Angelo

Marcatori: 29′ Djuric (S), 52′ Masucci (P)

Note – Ammoniti: Dziczek (S), Lopez (S), Birindelli (P), Akpa Akpro (S), Lombardi (S), Varnier (P), Di Tacchio (S), Jaroszynski (S)



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Auguri Salernitana, goditi questo “centounario”

19 giugno? “A Salerno, questo giorno è come San Matteo“. Così Ciro Borsa, il mitico “Mullechella”, uno dei tifosi storici della Salernitana, dichiarava ai microfoni di SalernoGranata nella festa che si celebrò lo scorso anno allo stadio Arechi la notte del Centenario.

Eh sì, Mullechella aveva e ha proprio ragione. Il 19 giugno è la festa patronale “laica” della città, dedicata alla sua figlia sportiva prediletta, che è da sempre celebrata con affetto, colore e passione dai suoi sostenitori.

Certo, i festeggiamenti del Centenario che si sono tenuti lo scorso anno sono e resteranno un “unicum” indimenticabile. Ma anche quest’anno, nonostante le limitazioni dovute all’emergenza coronavirus (che è ancora in corso, non dimentichiamolo), i sostenitori della Bersagliera hanno festeggiato come meglio non si sarebbe potuto fare.

Splendide le immagini del Castello d’Arechi illuminato di granata, bellissimo l’ippocampo che campeggiava su Palazzo di Città. Insomma, nonostante il periodo, la voglia di festeggiare il compleanno della Salernitana ha giustamente prevalso.

Un compleanno che, proprio complice i tre mesi di fermo, non sarà come tutti gli altri. Infatti, dopo 45 anni ed escludendo i vari playoff, playout e spareggi, la Salernitana torna a celebrare il suo compleanno con la stagione regolare ancora in corso. Era infatti la stagione 1974/1975 l’ultima con la Bersagliera che doveva ancora giocare delle partite in campionato al 19 giugno.

Ecco perché questo è necessariamente un compleanno diverso dagli altri, per il semplice fatto che la carne è ancora sul fuoco, in attesa di cottura. E chissà che, tra un paio di mesi, non si possa…..

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A 30 anni dalla più B…ella – Mario Somma

Passare da una squadra a un’altra che è la rivale per eccellenza non è semplice. Nel 90% dei casi, il calciatore che approda alla nuova compagine viene accolto con diffidenza dai tifosi della stessa. E, se non ha personalità, rischia di perdersi.

Fortunatamente, però, Mario Somma è appartenuto al restante 10% dei casi. Difensore di Latina, classe 1963, Somma passa alla Salernitana nell’estate del 1989, dalla Cavese dopo tre stagioni in maglia blu fonsé e una promozione in C1 sfiorata nella stagione precedente.

Somma però si fa subito apprezzare dai suoi nuovi sostenitori per la sua professionalità e il suo attaccamento alla maglia. Vero, nelle gerarchie di Ansaloni è dietro la coppia centrale difensiva titolare, formata da Carmine Della Pietra e Ciro Ferrara. Ma questo fattore non lo scoraggia di certo.

Somma si fa trovare pronto quando il mister emiliano lo chiama in causa e mette a referto 18 presenze, contribuendo alla promozione in Serie B del 1990.

Una Serie B che però Somma non disputa, venendo ceduto al Nola. Nel 1992, il ritorno alla Salernitana con il centrale di Latina che, questa volta, è titolare dell’undici di Sonzogni, questa volta in coppia con Ciro Ferrara. E per poco non ottiene il bis, sfiorando la promozione in B.

Anche in quell’occasione viene ceduto al termine del campionato, disputando gli ultimi scampoli di carriera con Avellino, Turris e Pavia.

Appese le scarpe al chiodo, diviene apprezzato allenatore. Ma sempre con la Salernitana nel cuore, anche e soprattutto grazie alla consorte, la salernitanissima Carmen Bruzzese.. Nell’estate del 2014, il suo sogno di allenare i granata viene coronato. Ma dura poco, un battito di ciglia.

Il tempo di guidare la Salernitana nella sfortunata partita di Alessandria in Coppa Italia (successo per i piemontesi per 1-0, rete di Mezavilla) e poi, per i motivi oramai arcinoti ai più, rassegna le sue dimissioni. Esplicando successivamente le sue ragioni in una storica conferenza stampa al Polo Nautico. Conferenza stampa nella quale mostra con orgoglio quella casacca granata indossata nella stagione 1989/1990.

Segno tangibile della sua smisurata passione per la Salernitana, che certamente Somma nutre ancora. E nutrirà per sempre.

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A 30 anni dalla più B…ella – Bruno Incarbona

C’erano una volta, nel mondo del calcio, i jolly. Ovvero calciatori che erano capaci di giocare in quasi tutti i ruoli di movimento, a prescindere dallo schieramento tattico. E che, ovviamente, erano più che apprezzati dagli allenatori, che amavano i giocatori da “dove lo metti, sta”. Una tipologia di calciatore che, nel calcio iper-specializzato odierno, piano piano è andata sparendo. Forse, l’ultimo rappresentante della categoria potrebbe essere raffigurato in Alessandro Florenzi.

La rosa della Salernitana che centrò la Serie B nel 1990 potè contare su un vero e proprio appartente alla gloriosa categoria dei jolly: Bruno Incarbona. Classe 1964, nato a Palermo, Incarbona nacque originariamente come terzino sinistro, ma, nel corso della sua carriera si ben disimpegnò anche come esterno alto sia a sinistra che a destra. E la sua parentesi in granata non ha fatto eccezione alla regola.

Incarbona approdò alla Salernitana nell’estate del 1988 proveniente dall’Arezzo e fu uno dei pochi a salvarsi in quella stagione senz’altro non da ricordare, conclusasi con una salvezza senza pochi patemi d’animo. Il palermitano, alternandosi nel ruolo di terzino e di esterno alto, mise a referto ben 6 reti in campionato. Le sue “vittime” furono proprio il “suo” Palermo, il Rimini, il Perugia, il Campobasso, l’Ischia e il Catania.

Riconfermato dal duo Manni-Ansaloni per la stagione 1989/1990, Incarbona venne sostanzialmente impiegato come centrocampista di sinistra, con alle sue spalle Giuseppe Di Sarno. Una coppia che trovò ben pochi rivali in quel campionato di C1. Paradossalmente, sebbene giocasse stabilmente più avanti, Incarbona segnò “appena” 2 reti, contribuendo al doppio successo consecutivo contro Torres e Francavilla.

Dopo la promozione in B, però, Incarbona non venne riconfermato e, dopo 62 presenze in due stagioni, fu ceduto alla Ternana. Dopo due anni al Palermo, disputò il torneo 1993-1994 di Serie C1 con la maglia della Juve Stabia. La sua strada tornò a incrociarsi con quella della Salernitana il 22 giugno 1994, allo stadio San Paolo di Napoli, nella finale playoff per la Serie B. Ebbero la meglio i granata, imponendosi per 3-0 in una sfida nella quale Incarbona venne anche espulso. In maniera indiretta, si può giustamente dire che il buon Bruno contribuì al ritorno della Salernitana in cadetteria.

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30 anni fa, il giorno della più B…ella

Questo di sette è il più gradito giorno, Pien di speme e di gioia: Diman tristezza e noia. Recheran l’ore, ed al travaglio usato Ciascuno in suo pensier farà ritorno“. Giacomo Leopardi, il Sabato del Villaggio, 1829.

Proprio in queste ore, 30 anni fa, domenica 3 giugno 1990, Salerno stava vivendo il suo Sabato del Villaggio, l’attesa della festa. Alle 16 era fissato allo stadio Vestuti il fischio d’inizio di Salernitana-Taranto, partita valida per la 34/a e ultima giornata del campionato di Serie C1 girone B 1989/1990. La gara che avrebbe potuto sancire il ritorno in cadetteria della Bersagliera dopo 23 lunghissimi anni di attesa. Occorrerebbe pareggiare con i già promossi pugliesi per dare il là alla festa.

Una festa che in città, in quelle prime ore di domenica 3 giugno 1990, parrebbe già essere cominciata. Il Vestuti, alla sua ultima recita, vedeva all’esterno della sua tribuna campeggiare un’enorme “B”. Nell’antistadio, in Piazza Casalbore, si odevano distintamente clacson suonati a festa; le bandiere “Grazie Salernitana B” a tre strisce granata-bianco-granata sventolavano in massa; Carmine Rinaldi, il Siberiano, organizzava alacremente il da farsi.

Alle 14, due ore prima dell’inizio del match, la festa si era trasferita all’interno del vecchio stadio, gremito in ogni ordine di posto. I tifosi del Centro di Coordinamento Salernitana Clubs, in barba a ogni scaramanzia, portavano in trionfo una B granata tutta realizzata con i fiori. No, non poteva sfuggire nuovamente la promozione.

Sette giorni prima, il 27 maggio, la rete di Capitan Agostino Di Bartolomei consentì alla Salernitana di espugnare Brindisi e di scacciare i fantasmi che erano apparsi sui granata il 20 maggio, con il Palermo che sbancò il Vestuti per 2-0 con la doppietta di Cangini.

La partita filò liscia come tutti si aspettavano. Salernitana e Taranto stipularono un tacito patto di non belligeranza e, al fischio finale dell’arbitro, un allora semisconosciuto Graziano Cesari, il punteggio era 0-0. La Salernitana aveva conquistato il punto che le mancava. E questo significava semplicemente: serie B.

La cadetteria era tornata sotto le pendici del Castello d’Arechi dopo l’impresa della Tom Rosati band nel 1966. E la festa, con “Vattene Amore” di Amedeo Minghi e Mietta come colonna sonora, imperversava per tutte le strade di Salerno.

A distanza di 30 anni, quella promozione è ancora ricordata con affetto dalla tifoseria granata. Eppure nel frattempo, ci sono state le due promozioni con Delio Rossi, c’è stata la Serie A, c’è stata la Salernitana di Di Napoli, c’è stata la cavalcata dalla D alla B in tre anni. Ma, in un’ipotetica classifica di gradimento, la promozione del 1990 resta in cima alla classifica.

Sarà perché era l’ultima stagione al Vestuti, sarà per la presenza di un presidente amato come Don Peppino Soglia, sarà per aver avuto l’onore di avere un fuoriclasse come Agostino Di Bartolomei come capitano. Insomma, sarà per diversi motivi. La promozione del 3 giugno 1990 resta ancora la più B…ella.

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A 30 anni dalla più B…ella – Ciro Ferrara

Deve essere difficile. Sì, deve essere difficile per una persona esercitare la propria attività in maniera egregia ma avere un’altra persona che, oltre ad avere esattamente il tuo stesso nome e cognome, compie la tua stessa attività e ha più “successo” a livello nazionale. Per l’uomo della strada, tu resterai sempre il secondo.

E questo è accaduto per Ciro Ferrara, valente difensore nato a Napoli il 7 agosto 1967. Una carriera onorevole, ma offuscata dall’altro Ciro Ferrara, sempre difensore, sempre nato a Napoli nel 1967 (ma l’11 febbraio), che sia con la maglia dei partenopei che con quella della Juventus ha conquistato scudetti e coppe europee.

E pensare che i due hanno compiuto l’intera trafila del settore giovanile nel Napoli, facendo in qualche occasione “arrabbiare” diversi arbitri poiché, nel riconoscimento pre-partita, il Ciro d’Agosto rispondeva: “Ferrara Ciro, numero 2, presente” e quello di febbraio: “Ferrara Ciro, numero 3, presente“, con i direttori di gara che immaginavano fosse una canzonatura.

Logico quindi che il Ciro Ferrara d’agosto 1967 fosse ritenuto l’omonimo di quello di gennaio 1967 per tutta Italia. E ancora oggi è così. Con una significativa eccezione: Salerno e i tifosi della Salernitana.

Già, per i sostenitori granata l’omonimo…è quello di Napoli e Juventus e il Ciro Ferrara per eccellenza è quello che nell’estate del 1986 approdò alla Salernitana provenendo dal Napoli. Alternandosi tra il ruolo di centrale e di terzino, Ferrara nelle sue prime tre stagioni con la Bersagliera divenne uno dei pilastri della retroguardia granata, benché ogni tanto incappasse in qualche distrazione di troppo. Riuscì anche a trovare la via della rete, consentendo alla Salernitana di sbancare il “San Francesco” di Nocera Inferiore nel torneo 1986/87.

Ed è questo Ciro Ferrara che mister Giancarlo Ansaloni trovò nell’estate del 1989. Il tecnico lo affiancò a Della Pietra, costituendo una coppia di centrali difensivi quasi impermeabile. E, soprattutto, anche con il vizio della rete. Se Della Pietra ne siglò 6, Ferrara lo imitò, fermandosi a 5. Tutte realizzate nei mesi di novembre e dicembre 1989.

Le prime due incastonate in una doppietta siglata al Francavilla nel successo per 5-2 del Vestuti contro gli abruzzesi. Poi, ancora nell’impianto di Piazza Casalbore, la rete del definitivo 3-1 contro la Ternana degli ex, uno splendido destro a giro.

L’Umbria portò bene a Ferrara perché, sette giorni dopo il suo gol alle Fere, il difensore fece esplodere il Vestuti con una zampata su punizione di Di Bartolomei che valse due punti. E la splendida fine del 1989 di Ferrara fu suggellata dalla rete che il 30 dicembre 1989 consentì alla Salernitana di pareggiare il vantaggio del Palermo di De Sensi in quel di Trapani (lo stadio della Favorita era indisponibile poiché in fase di ristrutturazione per i Mondiali del ’90). Poi fu Carruezzo a regalare i due punti alla Salernitana.

5 gol con i quali Ferrara contribuì a quella promozione di 30 anni fa. Il Ciro d’agosto 1967 rimase in granata anche in B, agendo da terzino destro, e restò anche nelle due stagioni successive in C1, ereditando da Marco Pecoraro la fascia di capitano. Ferrara lasciò i granata nel 1993 passando al Palermo. Ritornò nel 1997 e, in coppia con Cudini al centro della difesa, contribuì a un’altra storica promozione granata, quella in Serie A. Giusto il tempo di esordire in massima serie nella trasferta di Roma contro la Roma e poi venne ceduto alla Lucchese.

Ciro Ferrara lasciò la Salernitana dopo 270 presenze tra Campionati (A, B e C) e Coppa Italia (generale e di Lega Pro) ed è secondo nella speciale classifica dei presenti di tutti i tempi in granata, dietro Carmine Iacovazzo a 275. Sì, a Salerno è proprio così. Il Ciro Ferrara omonimo…è quell’altro.

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Ago, ricordando il 30 maggio 1990, l’ultimo mercoledì da calciatore

Ciao Agostino. Ciao Capitano. D’accordo, come intesi. La smetteremo di romperti le scatole sul 30 maggio 1994. Su quella data si è scritto tutto e il contrario di tutto, sarebbe superfluo e scocciante perseverare oltre.

Con te oggi vogliamo ricordare però un altro 30 maggio. No, tranquillo. Non parleremo di quel 30 maggio 1984, di quei rigori nella finale di Coppa Campioni all’Olimpico tra Roma e Liverpool, di Grobbelaar che distrasse troppo Bruno Conti e Ciccio Graziani, mentre tu lo freddasti senza paura con quel tuo solito tiro che non lasciava scampo ai portieri avversari. Lasciamo stare, so che stai ancora a rosica’, come dite voi romani, per quel trofeo dalle grandi orecchie che avresti meritato senz’altro e che ti sfuggì per un soffio.

Vorremo invece parlare con te di quel 30 maggio 1990. Ricordi? Certamente sì. Era un mercoledì di allenamento in una settimana che in quel di Salerno pareva un lungo “Sabato del Villaggio” di leopardiana memoria. Tre giorni prima, infatti, un tuo tiro aveva consentito alla Salernitana di espugnare Brindisi e di scacciare i fantasmi della doppietta del palermitano Cangini del 20 maggio precedente. Un tiro che valeva il ritorno “virtuale” in B della Bersagliera dopo 23 lunghissimi anni di attesa.

Domenica 3 giugno, sarebbe bastato un pari al “Vestuti” col Taranto già promosso per trasformare il “virtuale” in “reale”. Un pari che tutti già davano per fatto. E così effettivamente accadde. Però, siamo pronti a scommettere che tu non eri tra questi.

Conscio che il calcio, il tuo amato calcio, potesse riservare sorprese negative da un momento all’altro, siamo arcisicuri che in quel mercoledì 30 maggio 1990, avevi amabilmente martellato i tuoi compagni di squadra a dare il massimo, convincendoli che col Taranto tutto sarebbe stato tranne che una passerella. Siamo pressoché convinti che le orecchie dei vari Di Battista, Battara, Donatelli, Pecoraro, Lucchetti ancora rimbombano dei tuoi preziosi insegnamenti rilasciati quel 30 maggio 1990.

Anche perché eri altrettanto consapevole che quel 30 maggio sarebbe stato il tuo ultimo mercoledì da calciatore e quindi altro che lasciarsi andare. Dovevi dimostrare al resto della truppa che un professionista degno di tal nome, lo era sempre, dal primo giorno della sua attività fino alla fine di quest’ultima. Un atteggiamento da vero Capitano.

Ecco, quel 30 maggio 1990 vogliamo ricordare. Perché, a distanza di 30 anni, sei ancora un esempio per tutti. Ciao Agostino. Ciao Capitano.

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